"Qualche anno fa, osservando l'East Village di Manhattan fuori dalla finestra, tutto a un tratto ho pensato che quello scenario non doveva essere molto diverso dal 1963, il mio anno di nascita. Certo, il design delle automobili si era evoluto un tantino, ma continuavamo a muoverci rasoterra su veicoli alimentati da un motore a combustione, non su macchine volanti." ...
"Per un ex amante della fantascienza come me, tutto ciò è assai deludente, I cliché del mondo di domani - vacanze sulla luna, maggiordomi-robot, treni transatlantici che sfrecciano dentro gallerie a mille chilometri l'ora - non sono diventati realtà, ovviamente. Ma l'assenza di tensione futuristica è altrettanto percepibile nel tessuto della vita quotidiana, nell'immutabilità di gesti come cucinare un uovo o farsi una doccia."...
"La prosaica realtà di ciò che un tempo ci appariva fantastico e avanzatissimo è emblematica di come la nostra idea di futuro si sia gradualmente ridimensionata negli ultimi trent'anni. Non che il futuro non sia arrivato - ci siamo dentro, per molti versi - , ma si è insinuato nelle nostre vite in sordina. Medicina e chirurgia hanno fatto progressi straordinari" ...
"Le trasformazioni più sorprendenti hanno avuto luogo nell'informatica e nelle telecomunicazioni, e queste sì che ci hanno rivoluzionato la vita. In quanto traguardi tecnici, la compressione dei dati e la miniaturizzazione delle tecnologie di comunicazione non sono meno incredibili delle stazioni spaziali e dei guerrieri robot ... il problema è che il micro sembra molto meno eccezionale del macro. E poi, cosa che ne facciamo noi di tutte queste meraviglie tecnologiche? Documentiamo ossessivamente la nostra vita, chattiamo con gli amici, traffichiamo in intrattenimento codificato digitalmente, troviamo ristoranti, spettegoliamo sui vip e ... ci crogioliamo nella nostalgia della cultura pop che archiviamo freneticamente sul web. ... dal punto di vista culturale, nulla di particolarmente nuovo e poco di davvero interessante. Il futuro dovrebbe essere eroico e glorioso, ma le attività ( o passività?) consentite dalla nuova tecnologia ricordano la fase calante e introspettiva di un impero, non quella estroversa e proiettata audacemente in avanti."
"A volte si ha l'impressione che il progresso in quanto tale abbia tirato il freno a mano: gli anni sessanta come apice dello slancio innovativo del Novecento, i decenni successivi come sconcertante guazzabuglio di stagnazione e declino." ....
Sono stralci da uno degli ultimi capitoli "Retromania" di Simon Reynolds. Un saggio sulla crisi di creatività che ha investito la musica pop negli ultimi dieci (o più) anni. Reynolds espandendo il discorso dalla musica all'intera società contemporanea evidenzia come al di là delle apparenze tecnologiche un processo di forte ripegamento sia in atto nel nostro tempo. L'argomento mi ha particolarmente colpito perchè tempo fa ebbi un'intuizione simile che trattai sul vecchio blog. Più di allora si percepisce come l'entropia culturale stia accellerando. E' un processo che coinvolge tutti gli aspetti della nostra vita. A cominciare dalla sfera politica-economica: che cos'altro sono le manovre "tecniche" degli ultimi anni se non un ripiegamento di prospettive, una perdita di orizzonte e di speranza? Davvero il futuro è finito?
Magari sta già arrivando.
Personalmente interpreto quello che sta accadendo in USA: il movimento di Occupy Wall Street, la proposta della Modern Money Theory come un consapevole tentativo della gioventù americana di opporsi al ristagno che la finanza internazionale sta imponendo. Ed è per questo che appena posso cerco di pubblicizzarle.
Ma probabilmente occorre molto di più per riaprire un "discorso" sul futuro.
Occorre una "visione" del futuro, un progetto di "società nuova" che sappia coinvolgere intere coscienze e generazioni. Un ritorno al futuro, appunto. O un sole dell'avvenire se preferite.
The Number Six
Non voglio essere catalogato, schedato, timbrato! Io non sono un numero, io sono un uomo libero
mercoledì 21 marzo 2012
domenica 12 febbraio 2012
Seguo da lontano il dramma della Grecia, non ho strumenti per leggerne le vicende se non gli articoli di stampa che ne riferiscono. E' indubbio però che le responsabilità del disastro sono principalmente della classe politica e dirigente (l'attuale Primo Ministro è stato dirigente se non governatore della Banca di Grecia, possibile non avesse niente da dire quando i conti pubblici vennero truccati dal governo di destra? ) ma che il prezzo - pesantissimo- per una gestione tanto fallimentare lo pagheranno i cittadini. Che ovviamente non sono affatto contenti nè convinti di dovere accettare sacrifici coì onerosi. Altrettanto evidenti sono le responsabilità delle autorità europee e la miopia della Germania nella gestione di questa crisi. Eugenio Scalfari nell'editoriale di oggi fa un'ottima sintesi della situazione http://www.repubblica.it/politica/2012/02/12/news/scalfari_12_febbraio-29737119/?ref=HREC1-31
Quello che non sembra essere percepito dai vari commentatori è che la disperazione greca può aprire scenari imprevedibili non solo sul piano economico ma anche su quello politico. Intanto quando non si ha nulla da perdere tutto è possibile, anche una rivoluzione. E poi tra un paio di mesi ci saranno le elezioni politiche. Che siano i greci per primi ad abbandonare il new capitalism e imboccare una nuova strada? O il futuro che attende il paese ellenico è solo una deriva balcanica come paventa Scalfari? Staremo a vedere, poichè anche nei momenti più bui il destino non è mai già scritto auguriamo ai cittadini greci di riuscire a ritrovare una strada per il futuro.
Intanto non si comprende il silenzio della sinistra italiana su quello che sta accadendo di là dell'Adriatico. Condivido quanto scrive in proposito Sergio DiCoriModigliani http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.com/2012/02/la-tragedia-greca-incombe-sulleuropa.html
e rimango anch'io in attesa di una presa di posizione al riguardo.
sabato 10 dicembre 2011
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